A tavola i bimbi sono di 4 tipi

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shutterstock_57650311I bambini per cui mangiare è uno stress non sono tutti uguali e anzi si potrebbero dividere in 4 gruppi. A dirlo è uno studio della University of Illinois at Urbana-Champaign su Scientific American, con definizioni che vanno da “sensoriale” a “perfezionista”. La ricerca è stata condotta su 170 bambini tra i due e i quattro anni, che per due settimane hanno mangiato pasti standardizzati mentre i genitori prendevano appunti sul loro comportamento.

Il primo gruppo individuato dai ricercatori è quello dei “sensoriali”, bambini che rifiutano il cibo per l’odore o la consistenza. Ci sono poi i “preferenziali”, che si rifiutano di mangiare cibi nuovi per loro, o mescolati in modo inusuale. Poi troviamo i “perfezionisti”, che ad esempio non mangiano ciò che è stato assaggiato da altri e i “responder comportamentali”, che rifiutano di sedersi a tavola direttamente, o hanno pretese impossibili. “Non ci sono strategie mirate – spiega Soo-Yeun Lee, uno degli autori dello studio – ma possono andare bene le vecchie abitudini, come servire i cibi favoriti inserendo anche quelli nuovi o rifiutati. L’importante è avere pazienza, a volte servono 10 tentativi per introdurre un nuovo alimento”.

I cosiddetti Nofed (Non-Organic Feeding Disorders) secondo una ricerca di Claudio Romano, pediatra dell’Università di Messina, presentato all’ultimo congresso della Società Italiana di Pediatria, riguardano il 25% dei bambini sotto i sei anni. Nella gran parte dei casi non sono preoccupanti e si risolvono con l’avanzare dell’età. Le cause possono essere diverse, sottolineano gli autori dello studio Usa. “Alcune ricerche indicano che qualche bambino è geneticamente più sensibile ai sapori amari e quindi potrebbe fare più fatica ad abituarsi ad alcuni tipi di verdure”, spiega Sharon Donovan, l’autrice principale.

“In altri casi invece il bambino potrebbe semplicemente essere innervosito dal fatto di dover smettere di giocare per mangiare, e voler esprimere la propria indipendenza rifiutando il cibo”. Il rischio, spiega Romano, può essere ridotto offrendo prima dei 9 mesi anche alimenti dal “forte gusto” quali i vegetali, pomodoro ed agrumi. “Dal decimo mese in poi può essere offerta un’alimentazione da “adulto” e senza limiti, rispettando però i gusti del bambino. Uno svezzamento troppo lento e con tardiva introduzione dei gusti forti può favorire l’instaurarsi di un “comportamento alimentare di tipo neofobico, in cui alimenti nuovi vengono rifiutati”.

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